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"Io, Daniel Blake"

  • Ivan Dal Bò
  • 11 dic 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

"Io non sono un cliente, un consumatore, né un fruitore di servizi. Non sono un lavativo, un approfittatore, un mendicante, né un ladro. Non sono un numero della previdenza sociale, né una lucetta su uno schermo. Ho pagato le mie quote, mai un centesimo di meno, e sono fiero di averlo fatto. Non faccio inchini ma guardo il mio vicino negli occhi. Io non accetto o vado in cerca di elemosina. Il mio nome è Daniel Blake, sono un uomo, non un cane, e come tale chiedo i miei diritti. Io domando di essere da voi trattato con rispetto. Io, Daniel Blake, sono un cittadino, niente di più e niente di meno."

"Io, Daniel Blake" Una splendida rivendicazione identitaria contro lo schiacciamento degli individui operato da burocrazia, tecnocrazia e liberismo per rimettere al centro l’uomo con la U maiuscola. Daniel Blake è un onesto falegname di 59 anni che deve andare per forza in pensione per un problema al cuore che gli impedisce lavori usuranti. Ma subito si scontra con un Moloch: la burocrazia britannica, ormai kafkiana,il parere del suo medico non vale. Vale invece quello di un’ignota “professionista” che nega a Blake il sussidio di disoccupazione obbligandolo a cercare lavoro, a scrivere un curriculum, a frequentare un workshop intimidatorio e ricattatorio. Tutto si aggroviglia per Blake, tra telefonate che non arrivano, ricorsi che non ricevono risposta e incontri che si avvitano, s’impallano come i computer. Un cerchio che pare impossibile da spezzare. Eppure Blake continua a insistere: “Perché non ho altre entrate, non ho pensione e pago ancora tutte le tasse", come dice dopo l’ennesima telefonata surreale.

Solitudine e solidarietà. I personaggi del film, come succede nella vita reale, sono soli ad affrontare tutto questo. Anche se cercano continuamente compagnia, solidarietà. Così Blake lega con Katie, una giovane vicina di casa madre single di due bambini, che cercherà di fare l’impossibile – fino al punto di colpire la propria dignità – per riuscire a trovare lavoro e quindi a provvedere in qualche modo ai suoi figli.

"Io, Daniel Blake" parte da una rappresentazione intima del sociale per arrivare ad accusare due facce della stessa medaglia: la tecnocrazia inumana e il neoliberismo dei trattati internazionali. Tutti questi elementi, perfettamente calibrati all’interno del film, ci ricordano che le decisioni politiche del macro(mondo) incidono sulle nostre vite.

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